La scuola: gestazione di una società umanizzata

Alzarsi la mattina alle 6.00 per andare a prendere i bambini di Kissidougou con lo scuolabus; vederne molti altri fare kilometri per giungere a piedi al quartiere Fero dove c’è la nostra scuola, “La Pépinière”; fare con loro l’alza bandiera e sentirli cantare l’inno nazionale; pregare “il Dio Unico” insieme a loro e ai loro insegnanti che li hanno educati ad andare oltre i confini religiosi; trascorrere mattinate intense insieme ad alunni e insegnanti nelle aule scolastiche senza pavimenti, né intonaci, né acqua, né luce… ma con cartine geografiche e libri, con lavagne fatte di intonaco liscio e pittura lavabile…

Ogni mattina alle ore 7.45 i bambini alzano la bandiera cantando l’inno nazionale
e pregando “il Dio Unico”

Io non so come raccontare tutta questa realtà che ho vissuto nel mio ultimo viaggio di gennaio 2019. Per tanti mesi non ho saputo raccontarlo e ho taciuto, ho atteso che maturassero in me le emozioni e che affiorasse la consapevolezza di quanto sensato sia lo sforzo che stiamo facendo per costruire una scuola nel cuore dell’Africa.

E poi ci sono stati i mesi successivi, con le vicende internazionali e quelle italiane. E io mi sento stretto in una morsa: mi tornano in mente i volti dei 327 bambini della nostra scuola e vedo attuare politiche sempre più negazioniste di ogni diritto per gli ultimi, sempre più escludenti, sempre più razziste e chiuse in visioni sovraniste. Il tutto senza opposizione se non quella della nostra coscienza.

E allora capisco davvero che l’unica strada possibile è quella di rinascere, di partorire nel dolore una umanità rinnovata, è quella di dispiegare le immense energie della creatività per generare una società umanizzata. E non conosco altro “grembo materno” che la scuola; non c’è un altro “utero” capace di dare forma ad un uomo planetario, unico possibile erede dell’homo sapiens ormai malato di demenza da delirio di onnipotenza.

Ogni aula è dotata di un mappamondo e di un planisfero

In ogni aula don Pierre ha voluto un mappamondo e un planisfero. Io stupidamente ho pensato che il planisfero fosse sufficiente e che il mappamondo (dove mai li avrà trovati poi quei 10 mappamondi in Guinea??!!) fosse un di più, uno spreco di risorse che potevano essere impiegate per qualche mattone in più, per arrivare al più presto a coprire di un tetto la struttura grezza. Ma invece no! Ha ragione lui, ancora una volta. L’ho capito adesso, in Italia. Non sarà che tanta ignoranza derivi dalla mancanza di mappamondi nelle nostra aule e nelle nostre case? Il planisfero ci abitua a pensare la terra come a degli spazi da occupare, magari anche con qualche guerra “santa”, ci abitua a dei confini che danno l’illusoria percezione che basti alzare un muro o chiudere dei porti per stare bene “a casa nostra” e che ciò che accade oltre quelle linee disegnate dai giochi di potere e dal sangue, non sia affare nostro. Ma il mappamondo no, non ce lo consente: il mappamondo dà la chiara percezione che siamo parte di uno stesso viaggio con un’unica “astronave” e che non ci sono centri né periferie. Se guardi l’umanità spalmata su quel globo lo senti nelle vene che siamo alimentati dalla stessa linfa e che “o impariamo a vivere insieme come fratelli, o moriremo insieme come degli idioti” (M.L.King). Al planisfero bastano due dimensioni: longitudine e latitudine. Il mappamondo include una terza dimensione che ti costringe a guardare considerando le cose nella loro profondità!

L’uomo occidentale che pensava di aver rapito il fuoco agli dei perché è andato sulla luna e ha scisso l’atomo, oggi si chiude in casa propria e ha paura di essere invaso. Ma non ha capito che l’illusione neo liberista di trasformare il mondo in un unico mercato globale, dove l’unica legge è la forza del dominio da parte del più forte, espone alla fragilità estrema gli equilibri vitali del pianeta e pone la questione della sopravvivenza in termini globali. Ma crediamo davvero che le miopi politiche sovraniste ci salveranno? Che basterà proteggere i confini per stare meglio? Che finanziare le mafie d’oltre mare perché trattengano i migranti nei lager, torturandoli e uccidendoli, risolverà i nostri problemi? Che lasciar affogare in mare uomini, donne e bambini, ci renderà migliori? Che continuare a mercificare le risorse della terra (prime fra tutte l’acqua!) ci renderà economicamente più ricchi? Che aumentando la produzione, il commercio e l’utilizzo privato delle armi, ci permetterà di stare più “sicuri”? Che continuando a produrre beni inutili, commissionati da bisogni indotti, sia la soluzione per far crescere il PIL?

Da che mondo è mondo le guerre hanno fatto la storia e spesso, studiare la storia, significa parlare di vincitori e vinti: i primi si arricchiscono, gli altri soccombono. E fino a che i patrioti erano da una parte della linea di confine e i nemici dall’altra, la storia si è svolta con la narrazione delle sue crudeltà, con i suoi crimini, giustificati dall’obbedienza ai comandi di un despota o di una ragion di stato. Ma oggi contro chi stiamo combattendo per conservare il nostro tenore di vita e per continuare a consumare all’infinito? Stiamo combattendo contro i nostri figli!!! E’ questa l’amara verità! La nostra generazione è la prima che ha dichiarato guerra ai propri figli che diciamo di amare con tutto noi stessi e che, con tutto noi stessi stiamo condannando ad una esistenza grama o all’estinzione. Politicucce in deficit senza nessuna visione di cambiamento sono cambiali che pagheranno i nostri figli! L’incapacità di cambiare atteggiamento nelle politiche energetiche manderà a fuoco il pianeta, che sarà sempre meno abitabile ed ospitale per le generazioni future! L’invecchiamento e la denatalità, uniti all’emigrazione (perché in Italia, checché ne dicano i nostri politici, il problema emigrazione è di gran lunga più grave di quello dell’immigrazione!) spopoleranno i nostri paesi e, per pagare le nostre pensioni, i nostri figli dovranno rinunciare ai loro diritti, come già sta accadendo da anni, oppure se ne andranno all’estero dove verranno meglio apprezzati per quello che sanno offrire!

Ecco allora che sento di essere nel cuore della storia sia mettendomi fra i banchi con i bambini di Kissidougou, che incontrando in Italia i tanti studenti delle nostre scuole che mi chiamano a parlare dell’Africa. E’ lì che mi sento bene. E’ a scuola che il mio animo si acquieta perché so che c’è un modo diverso di stare al mondo e che i nostri bambini, insieme ai bambini di tutto “il mappamondo”, sono l’umanità nuova che ci insegnerà nuovi stili di vita. Sento che il nostro pianeta poggia sulle spalle dei bambini che studiano ed io, seduto fra i banchi con loro, ho la chiara percezione che le sue basi sono ancora salde!

Alfredo

La ricreazione

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